Fonti
Antologia delle fonti bassomedievali
a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni
© 2002 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
0. Introduzione Tra la fine del Mille e il 1300 una complessa serie di fattori concorsero
a determinare un'apprezzabile espansione dell'economia e a modificare
in molti tratti l'assetto della società. La ripresa della vita
delle città, con il fiorire al loro interno di attività
economiche differenziate, e il nuovo configurarsi della loro organizzazione
sociale e politica poté interagire e valersi della crescita di
produttività che interessò l'agricoltura. Una crescita
che si determinò a partire dalla messa a coltura di nuove superfici,
dal miglioramento delle tecniche, da una nuova organizzazione del lavoro,
dalle sollecitazioni indotte dallo sbocco alla produzione costituito
dal mercato cittadino in espansione. La relazione tra campagna e città
si fece più stretta. Quasi sempre a tutto vantaggio dell'associazione
comunale, si indebolì la capacità di esercizio di funzioni
pubbliche della signoria (1). D'altro canto,
l'allentarsi della pressione signorile sul possesso fondiario favorì
forme nuove di affidamento della terra, l'emergere di un più
forte ceto contadino, una maggiore apertura al possesso rurale da parte
cittadina (2).
Nel corso di questi secoli, a fianco dell'agricoltura, i settori guida
della crescita economica furono il commercio, specialmente quello internazionale,
e la produzione artigiana, in primo luogo quella tessile. Essenziali
per lo sviluppo del commercio furono il rinnovamento della rete delle
vie di comunicazione e dei punti di scambio, il perfezionarsi di una
legislazione commerciale, l'adozione su scala sempre più vasta
della moneta e degli strumenti tecnici connessi ad un'economia monetaria
(3). La produzione artigiana crebbe e si consolidò
sotto la tutela e la disciplina delle organizzazioni di mestiere. Espressione
dell'affermarsi di un'economia cittadina legata alla produzione artigiana
e al commercio, le arti rivestirono via via un ruolo sempre maggiore
nella politica cittadina, e non solo riguardo agli aspetti economici
(4).
Frattanto, si andava complicando l'organizzazione amministrativa del
comune: primaria era l'esigenza di regolare i rapporti con il contado,
nei molteplici aspetti del controllo politico delle forze signorili
[cfr. cap. 7, 9], e della regolamentazione dell'accesso alla cittadinanza
(5). Più in generale, il funzionamento
amministrativo del comune comportò il costituirsi di una vera
e propria macchina della finanza pubblica, con strumenti propri e un
personale in grado di mettere in atto una politica fiscale (6).
Come pure comportò, nella sempre maggiore articolazione di funzioni
e uffici pubblici e nell'aspirazione a una più efficace amministrazione
della giustizia, una progressiva professionalizzazione e burocratizzazione
di figure come quelle del notaio e del giudice (7).
È nell'incontro tra l'esigenza di una rivendicazione di autonomia
e sovranità politica e il costituirsi di una comune coscienza
civica che va collocata l'attenzione per la conservazione della memoria
della storia della propria città. Cronache e storie – redatte
per lo più a opera di notai, detentori nel proprio lavoro della
pubblica fede, che finisce per estendersi al loro modo di raccontare
il passato – vengono ufficializzate dagli organismi politici del comune
come versione autentica della storia cittadina, sia accogliendo pubblicamente
opere originariamente prodotte in forma privata, sia, più tardi,
affidandone la stesura a scrivani pubblici (8).
Anche le forme dello sviluppo “urbanistico” delle città comunali
e il modo in cui si tentò di disciplinarle sono la testimonianza, oltre
che della quantità dei problemi che dovette affrontare un tipo di società
cresciuto rapidamente, del fatto che, a fianco dell'orgoglio di campanile
c'era la coscienza dell'accresciuta complessità dei doveri civici (9).
|