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Didattica

Fonti

Antologia delle fonti bassomedievali

a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni

© 2002 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


XI
Le monarchie nazionali:
l'Inghilterra

0. Introduzione

Con l'avvento al trono di Enrico II (1154) per l'Inghilterra si chiudeva un ventennio di incertezze e di lotte interne. La difficile eredità raccolta dal Plantageneto poteva però ricollegarsi ad un'antica tradizione di centralismo statale e fare conto su una prima forma di organizzazione delle funzioni pubbliche [cfr. capitolo 4]. Di questo processo di coordinamento del territorio verso il centro, verso la corona, fu parte attiva anche la nobiltà feudale. Nella storia nazionale inglese assume un rilievo tutto particolare la dialettica che, a partire dalla metà del XII secolo e lungo tutto il XIII, vide opporsi la corona e i baroni e quindi, più tardi, i rappresentanti della minore nobiltà rurale e della nascente borghesia mercantile e cittadina, in uno scontro e un concorrere di forze che di fatto amministrò e governò il paese. Una dialettica che produsse una concezione della natura del potere che viene sintetizzata nella formula della monarchia «controllata», che a fianco di un ruolo comune, nell'elaborazione delle leggi e nell'approntamento di misure atte a farle rispettare, prevedeva l'impegno, anche per il re, di rispettarle in prima persona e la necessità del consenso per apportarvi qualsiasi modifica.
Il regno di Enrico II Plantageneto (1154-1189), anch'egli come i re di Francia, dotato del carisma che gli veniva dal potere miracoloso di guarire gli scrofolosi, vide tra l'altro il confluire nella sua persona dei possessi feudali dell'Angiò, della Normandia e dell'Aquitania, con tutti i condizionamenti cui lo induceva la necessità di una politica continentale. Egli tentò poi di acquisire la Scozia, il Galles e l'Irlanda, ottenendo risultati positivi soltanto nell'ultimo caso (1). Sul piano interno, Enrico affiancò agli sceriffi giudici itineranti e istituì una corte suprema, la Curia regis. La sua azione tesa a restaurare il potere e le prerogative della monarchia incontrò la netta opposizione della Chiesa (2). E in più di una occasione, anche in seguito, si venne configurando un collegamento della Chiesa con le forze interessate a limitare il potere del re. Come quando, durante il regno di Giovanni Senza Terra (1199-1216), l'Inghilterra fu colpita dall'interdetto e minacciata di invasione, finché Giovanni non dovette rimettere nelle mani del papa il suo regno e quello d'lrlanda, per riceverli poi di nuovo da questi, ma come feudi di cui era investito in cambio dell'omaggio feudale (3). Scosso il suo prestigio dal coinvolgimento nella sconfitta di Bouvines, e stretto dalla necessità di ricorrere ancora al sostegno finanziario dei suoi baroni, Giovanni fu costretto da questi ultimi a accettare la conferma di una serie di privilegi raccolti nella Magna Charta Libertatum (1215) (4).
Con Enrico III (1216-1272) (5), le rivendicazioni dei baroni si fecero sempre più pressanti. Essi imposero al re il loro controllo sulla scelta delle più alte cariche dello stato (6). Inoltre, sotto la guida di Simone di Montfort, anche la nobiltà minore e la borghesia mercantile pretesero una rappresentanza proporzionale ai termini in cui erano chiamate a contribuire al prelievo fiscale, e quindi la possibilità di esercitare un controllo sulla sua destinazione. Già con il 1242, il Gran consiglio del re aveva assunto il nome di Parlamento. Sotto il regno di Edoardo I (1272-1307), forzato anche dalla necessità di far fronte ai costi delle campagne militari che egli condusse contro la Scozia e il Galles, i rappresentanti delle città e delle contee furono anche formalmente autorizzati a partecipare alle riunioni tra i baroni e i rappresentanti del sovrano (1295) (7). Lungo l'intero arco della storia inglese preso in esame in questo capitolo, a fianco di un progressivo strutturarsi degli organismi politici centrali, si precisa anche l'organizzazione dell'esercizio delle funzioni pubbliche sul territorio, specialmente nel campo dell'amministrazione della giustizia (8).

 

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