Fonti
Antologia delle fonti bassomedievali
a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni
© 2002 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
0. Introduzione
Una svolta di grande rilievo per la storia italiana si ebbe nella seconda
metà del XII secolo, quando l'azione decisa di Federico Barbarossa
(1152-1190) riportò in Italia, dopo circa un secolo di assenza,
un potere centrale forte e capace di imporre il rispetto delle esigenze
del regnum, per di più illustrandolo di nuovo con il decoro
della corona imperiale (1). L'azione
del Barbarossa, una volta spezzata l'incrostazione deformante della vecchia
storiografia di matrice risorgimentale, appare oggi in tutto il suo interesse.
Non siamo di fronte alla volontà di restaurazione di un passato
“feudale”, bensì, pur con tutti i suoi limiti, al tentativo
coerente di ricostruire l'autorità centrale in Italia, utilizzando
il nuovo strumento concettuale e pratico fornito dal diritto romano accanto
al diritto dei feudi: siamo nella fase del cosiddetto “feudalesimo
politico”, nella quale il feudo, patrimoniale ed ereditario, è
utilizzato per coordinare fra di loro potere imperiale e poteri signorili.
Un momento importante si ebbe a Roncaglia (1158). dove da parte di Federico
furono rivendicati i regalia, i diritti del re, con l'aiuto dei
“quattro dottori” dello studio di Bologna (3). Nella sua azione
il Barbarossa, che pure cercò l'appoggio di singoli gruppi aristocratici,
non si schierò dunque sempre pregiudizialmente dalla parte delle
nobiltà, cittadina o del contado: egli infatti non dimenticava
la nuova realtà costituita dalle città, tanto è vero
che non fu sempre e comunque ostile ai comuni, come dimostra l'esistenza
di un vasto numero di questi (da Lodi, a Cremona, a Pavia nell'Italia
padana, a Genova, a Pisa) che si schierarono al suo fianco e che furono
da lui colmati di privilegi, talvolta (nel caso di Pisa e Genova in particolare)
risultati poi decisivi per la stessa affermazione dei poteri comunali
(5). Ciò nonostante, l'opposizione
di Milano, la più potente città dell'Italia del nord, che
pure il Barbarossa distrusse nel 1162, coagulò contro l'imperatore
una costellazione di forze cittadine, culminate nella Lega lombarda (1167),
che alla lunga doveva dare un colpo fatale ai suoi progetti (5).
Nel tentativo di creare un corretto equilibrio tra le forze in campo in
Italia, il Barbarossa inizialmente si appoggiò al papato, aiutando
Adriano IV a stroncare l'eresia pauperistica di Arnaldo da Brescia e a
rientrare a Roma, in cambio dell'incoronazione imperiale (1155); difficile
però apparve sempre il rapporto tra il Barbarossa, imperatore romano,
e i Romani, che avevano costituito un comune (nella forma anticheggiante
della renovatio Senatus del 1143) e che si opponevano duramente
allo stesso pontefice; Federico e Adriano dopo l'incoronazione furono
cacciati dalla città (2).
Ma ciò che guastò i piani del Barbarossa fu soprattutto
la volontà papale di non rescindere del tutto i rapporti con la
monarchia normanna di Guglielmo II [cfr. cap. 4], contro la quale cozzavano
le ambizioni dello stesso Barbarossa, che aspirava alla conquista dell'Italia
del sud. Si posero cosi le premesse materiali e politiche per un contrasto
tra papa e imperatore che sfociò sul piano ideologico investendo
il problema della natura del potere imperiale nei rapporti con quello
pontificio (4). A partire dallo
scisma del 1159, Alessandro III, il papa eletto dalla maggioranza del
cardinali, si oppose sempre tenacemente al Barbarossa, fino ad allearsi
con i comuni del nord e a dare il suo nome alla nuova città, simbolo
della lega, Alessandria. Lo scioglimento del dramma politico italiano
dopo la battaglia di Legnano portò al fallimento del sistema di
governo del Barbarossa, fondato sull'invio generalizzato di legati e rettori
imperiali; dopo la tregua di Venezia (1177), la pace di Costanza (1183)
offrì finalmente ai comuni il riconoscimento formale della loro
esistenza nel quadro imperiale, ma in questo modo, al tempo stesso, ne
riconobbe la formale subordinazione al potere imperiale (6).
Costanza rappresentò dunque un compromesso e non una completa sconfitta
per il Barbarossa, ancora molto attivo negli anni dopo Legnano e capace
per di più di preparare l'operazione di assorbimento del regno
meridionale tramite il matrimonio di suo figlio Enrico VI con Costanza
d'Altavilla [cfr. cap. 14]. In questo stesso periodo, la seconda metà
del XII secolo, che vide molte di loro duramente impegnate in una lotta
per la sopravvivenza e per l'affermazione definitiva come soggetti politici
le città – e non solo le città marinare (7)
– arricchirono le loro strutture sociali e istituzionali. È
il periodo in cui inizia a manifestarsi il passaggio dal regime consolare
a quello podestarile: una trasformazione che significò l'assunzione
progressiva di una nuova consapevolezza istituzionale dell'intera macchina
politica del comune. Contemporaneamente, si arricchiscono i materiali
che andranno a confluire nei futuri statuti cittadini (8).
Il contado viene sottomesso in varie forme – guerra, accordi, giuramenti
di cittadinatico, patteggiamenti istituzionali legati all'istituto del
feudo (9). Unica ombra, in questo
quadro di forte progresso, la crescente conflittualità cittadina
legata soprattutto all'azione destabilizzante delle grandi famiglie, premessa
dei futuri, duri conflitti che lacereranno il tessuto interno delle città
italiane.
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