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Fonti

Antologia delle fonti bassomedievali

a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni

© 2002 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


XVI
Le Signorie cittadine e gli Stati territoriali

0. Introduzione

La vicenda dell'Italia nel XIV e il XV secolo si caratterizza per una tendenza alla semplificazione del quadro politico e alla creazione di organismi di più vasto respiro territoriale. Un processo che trova le sue forme innovative nel concentrarsi delle leve del potere nelle mani di oligarchie cittadine o nelle forme di potere signorile e, più tardi, nella costituzione degli stati regionali. Prendendo le mosse da alcuni episodi che già nella seconda metà del Duecento hanno visto segnare la vita di alcune città dell'Italia settentrionale dalle prime esperienze signorili, e tenendo sullo sfondo gli interventi imperiali nella penisola a partire da quello di Enrico VII, e gli effetti della politica angioina nel sud dell'Italia, si giungerà a fissare il termine ultimo di questo rapido excursus al 1454, alla data simbolica della pace di Lodi, limitandosi per il XV secolo, a seguire solo alcuni dei suoi tratti essenziali (1).
Per quanto sia illusorio e improprio pensare di poter profilare una tipologia dei modi di affermazione del fenomeno signorile, si può tentare di ricondurlo nel variegato quadro delle condizioni che lo videro emergere. Si è visto [cfr. cap. 15] come, con la seconda metà del Duecento, la vita politica comunale sia segnata da un'endemica e irriducibile conflittualità tra le parti, che vede il sovrapporsi e l'intrecciarsi alle istituzioni del comune delle nuove forme di rappresentanza politica del popolo. Quello che ne risulta è un'instabilità pressoché permanente del quadro politico. È sul disagio che essa comporta che si innesta la capaciti di singoli gruppi di esprimere al vertice delle cariche cittadine un proprio esponente, in genere dilatando a termini di durata della carica e il margine di arbitrio «concesso» rispetto alle disposizioni statutarie. Pur mantenendo per lo più in vita l'organizzazione formale del comune, ma riducendo le prerogative del suoi organi ad un puro rilievo amministrativo si giungerà presto alla designazione vitalizia e quindi alla trasmissibilità di quei poteri, commessi al signore originariamente in forma di «eccezionalità» (2).
Si assiste così alla legittimazione dal basso, ottenuta con un consenso tutto orientato, dell'affermazione di forza di uno schieramento o di un gruppo familiare che raccoglie forze capaci di imporsi in modo assoluto. Quella della legittimazione dall'alto, nelle forme del vicariato imperiale o papale, resta d'altro canto a lungo una formula priva di un reale rilievo politico, valida magari soltanto a livello della simbologia del potere. Sarà solo in un secondo momento, mentre sulla lontana scena della disputa teorica si comincia a precisare una trattattistica sulle ragioni dell'origine e della legittimità del potere, che, ad esempio, la proclamazione a duca di Giangaleazzo Visconti (nel 1395) assumerà un senso effettivo di conferma di un potere di fatto, che si è consolidato per lo più al di fuori di un quadro istituzionale di poteri superiori. Ma siamo già allora di fronte a poche entità territoriali maggiori, quelle che si sono accresciute a spese delle più deboli nel corso della dialettica politico-militare del XIV secolo (che eredita la complessa trama di relazioni intercomunali delle fazioni e dei fuorusciti). Intrinsecamente connesso all'affermazione delle oligarchie e della signoria è un ampliamento territoriale che, se non sa eliminare ampie sacche di autonomia, riesce però ad assicurare una funzione di controllo e di raccordo delle entità politiche minori e si accompagna a un consolidarsi degli strumenti burocratici, dettato da inedite esigenze fiscali e di controllo militare del territorio.
Nei singoli paragrafi di questo capitolo si tenterà di seguire le linee di sviluppo del percorso seguito, in questo lungo periodo, dalle maggiori realtà politico-istituzionali della penisola: l'espansionismo della Milano viscontea (3,4), il consolidamento interno dell'oligarchia che guida la repubblica di Venezia (5), fino all'affermazione di una sua politica di terraferma (6), l'affermarsi del dominio mediceo a Firenze (7,8) le vicende della Roma di Cola di Rienzo, i tentativi pontifici di consolidare la propria sovranità nell'Italia centrale (9), la crisi angioina nel meridione fino all'avvento aragonese anche a Napoli (10).

 

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